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L'editoriale del Crinale
 PERCORSO: Home/Editoriale/Editoriale N°22 - Giugno 2010  

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Numero 22 - Giugno 2010


Vorrei riuscire a parlare solo di neve, solo di tracce, di disegni su di essa. Come dieci anni fa, quando qualcuno, dondolandosi su una sedia davanti a un monitor di computer vuoto e lento, ha nominato il mio nome e io ho risposto.
Di sole, vette, canti, brindisi ho risposto. E ancora di amicizia, euforia, scherzi, racconti, passione, solitudine e poi compagnia. Come se le voce non fosse abbastanza forte, ho assecondato la voglia sempre più numerosa di ascoltare, con altre parole su video, su tela, su montagne, con la consapevolezza che tutto ciò che avrei detto sarebbe rimasto lì, alla portata di occhi e orecchie vicine e lontane, vecchie e nuove.

Così ho iniziato.
Quella volta dalla cima quando ho descritto il piacere di camminare per monti di notte, godendo dell’oscurità rotta da qualche stella in alto e qualche barlume di civiltà in basso. Fino all’alba, fermandosi a guardare i funghi emergere dalle foglie secche dell’anno prima. O quell’altra volta in cui il silenzio della nevicata nel bosco era tappeto ideale per contemplare l’inverno nascente, inventando propositi per la stagione iniziata. E ancora quando vi ho guardati, uno a uno, scendere la Carcamogena urlanti di euforia, per poi risalire e gettarvi tra l’ombra e la luce curva del Lago Saporito. Qualcuno è imploso, qualcun altro è volato, ma diamine, che spettacolo!

Sarebbe davvero bello ricordare ogni cosa. Magari insieme, magari con una festa. Le cose vissute lo meriterebbero. Altrimenti il loro valore per metà è perso.
Per esempio non vorrei perdere un solo istante delle sensazioni di quella giornata passata a inseguire con lo sguardo la vostra prima vera grande discesa – ma chiamarla discesa è come chiamare onda sonora la musica di un’orchestra intera – nell’anfiteatro di Vallestrina in neve fresca. Vi siete fermati e avete contemplato la valle dall’alto del crinale, vi siete fermati e avete riconosciuto negli occhi degli altri la stessa incredula gioia che ha sorpreso voi. Lì, in quel preciso momento, ho colto il rispetto per il mondo che vi stava sotto sopra. Poi vi siete lasciati andare e volando tra luce, cristalli, boschi, strade avete riportato a casa la voglia di condividere emozioni. Altrimenti il loro valore per metà è perso.

Ecco, quell’episodio, questo ricordo, vorrei tenermelo stretto.
Ma ce ne sono altri. Sono moltissimi. L’essere dove sono ha, tra gli altri, il pregio di concedermi tempo per alimentare la memoria e tenerla viva. Vivere sul crinale è metaforicamente vivere sul filo del presente: giri lo sguardo da un lato e osservi la strada fatta per salire fin qui, volgi lo sguardo dall’altro lato ed ecco aprirsi dinnanzi l’immenso scenario delle possibilità future. Io mi trovo bene sul crinale. E’ troppo bello guardare da dove venite e scommettere su dove andrete.

Lasciatemi dunque ricordare tutte le volte in cui siete tornati da discese, salite, gare, brindisi, successi, in altre montagne, al di là della pianura, qualche volta al di là del mare. Ho sentito spesso parlare di spirito crinale. Il seguirvi nelle vostre imprese mi ha dato modo di credere che pur non trattandosi di spirito in senso trascendente, qualcosa di vero deve esserci. Altrimenti non mi spiego come possa essere, dai racconti che ne fate, altrettanto bello conquistare la montagna più alta e bianca di tutte, e percorrere in bicicletta uno sterrato con l’unico obiettivo di un bicchiere come premio. Altrimenti non mi spiego come un rifugio possa trasformarsi ogni volta nell’ombelico del mondo. Come un’alba possa ripetersi sempre uguale ma sempre con la sorpresa negli occhi. Come una foto mostrata agli amici possa ogni volta, anche a distanza di mesi-anni, rievocare sensazioni di meraviglia. Come lo stesso sentiero, percorso avanti e indietro mille e più volte, possa conservare il fascino di condurre in un altro mondo, in cui ogni cosa bella è ogni volta diversa e uguale alle volte precedenti. Come la neve.

E come la neve io vado e vengo, sparisco poi torno, mi modifico ma nell’essenza non cambio. Passeggio sulla cresta che congiunge due versanti fatti di ricordi e prospettive. Posso farlo io che abito fisicamente un crinale, potete farlo voi che abitate nel posto giusto del mondo, o almeno quello che si ritiene tale.
Andate pure, sparite, cambiate, ma non perdete la strada per tornare, raccontare le vostre esperienze e realizzare qualche piccolo sogno in compagnia. Affinché l’essenza non cambi. Affinché i ricordi non si perdano. Affinché non scendiate mai dal crinale.

Almeno per i prossimi dieci anni, poi ne riparleremo.

A coloro che sono andati e non torneranno possiamo solo dire, con il dubbio se riusciranno o meno ad ascoltarci, che è un peccato non averli qui, e sarà un peccato ancora maggiore non averli qui fra altri dieci anni. Ma quello che hanno lasciato non teme né questi né i prossimi dieci volte dieci anni. E' impresso in indelebili tracce nel versante dei ricordi, senza il quale una linea chiamata crinale non esisterebbe.

Detto quel che è stato detto, è tempo di festeggiare e di chiedersi se almeno una minima parte dei propositi del primo editoriale sono stati realizzati...

Tony Giger

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