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L'editoriale del Crinale - N°20
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Numero 20 - Dicembre 2008


Un giorno un indovino mi disse che questo sarebbe stato l’anno della fatica. Poi un altro giorno un altro indovino mi disse che questo sarebbe stato l’anno del risveglio. Ci fu poi quell’indovino che disse di sapere tutto ma di non poter dire e mentre parlava, ma non diceva, c’era chi ascoltava e fingeva di capire, chi fingeva di ascoltare e non capiva, chi chiedeva per affermare e chi affermava per farsi chiedere cose che comunque non avrebbe detto, e non saputo. Era un divertente gioco al rimpallo: indovini che rimproveravano altri indovini per dare forza alle proprie profezie; rimproveri che a loro volta venivano rimproverati; profezie che risvegliavano antichi rancori.
Allora provai a indovinare anche io. 
«Indovino che ciò per cui siamo qui accadrà, forse, un giorno o l’altro». E ci furono scrosci di applausi e grida di approvazione.
Pensai, bello il gioco. Facile! Cominciai a capire il meccanismo e riprovai. 
«Indovino che è meglio non indovinare, perché tanto il destino è scritto». E qui fu il tripudio!
Mi feci prendere la mano.
«Indovino che avrò ragione, ma anche un po’ torto. E chi sarà in grado di riconoscere la ragione farà torto a qualcuno che indovinò di avere ragione. E chi riconoscerà il torto darà ragione a chi preannunciò il torto degli altri». Attimi di silenzio, di mormorii sommessi. Forse esagerai.
Poi i sussurri si moltiplicarono e presero forza risuonando all’unisono in un euforico grido di approvazione che sommerse tutto e tutti, dalle poche voci di dissenso, alle inutili legittime domande. Non avevo detto niente, ma ero riconosciuto come l’indovino informato sui fatti passati, presenti e futuri. Qualsiasi cosa avessi deciso di dire, purché abbastanza retorico, avrebbe suscitato inevitabile consenso. Insomma, avevo sfruttato il momento, tutti ascoltavano me, poco dopo avrei anche potuto ricevere mille smentite, ma in quell’istante le mie parole erano la Verità. Non era più necessario informarsi prima di affermare, capire prima di sbilanciarsi. Bastava scegliersi una parte, anche vaga, e tenerla a sufficienza per godersi quel momento di gloria, prima che il tempo e altri indovini cancellassero tutto e ricominciassero daccapo.

Tornai nel bosco con questa consapevolezza dolce-amara in più.
La sera stessa iniziò a nevicare e non smise per tre giorni e tre notti. Poi altri due, altri tre e infine per altri quattro. “Qualcuno l’avrà sicuramente indovinato” pensai divertito. Mi sorpresi nel riconoscere quanto sarcasmo ci fosse in quel pensiero. Ci risi sopra.
Uscii in una splendida e fredda mattinata di sole. Raggiunsi la cima scavando una trincea così profonda che i gomiti strisciavano nella neve polverosa e a ogni sosta il mare bianco sembrava richiudersi come per rimarginare la ferita. A pensarci bene la mia presenza pareva proprio un peccato; con tutto quel bianco immacolato, quel luccichio e quel silenzio, ero un perfetto corpo estraneo che perturbava l’equilibrio del momento. Solo bianco, ma di un bianco scintillante, e blu, ma di un blu limpido e trasparente. In mezzo io.
Respiravo a pieni polmoni, ma invece di assimilare aria avevo la sensazione che fosse l’aria fredda ad assimilare me, fino a rendermi trasparente. Ascoltavo il suono attutito del vento, ma invece di decifrarne l’origine avevo la quasi certezza che ogni rumore da me emesso si dissolvesse nel raggio di qualche centimetro, sopraffatto dal silenzio. Lo stesso accadeva per i pensieri.
Una matita faticosamente abbozzava qualcosa sul foglio, un’enorme gomma cancellava tutto. Era giusto così.
Calzai gli sci, trassi un profondo respiro fin quasi a dissolvermi e indovinai una linea di discesa, che fosse il più leggera e armoniosa possibile. Pochi istanti dopo scomparsi per riemergere solo tra una curva e l’altra, tra uno sbuffo di neve e il successivo, giusto il tempo per riprendere coscienza e regalarmi una foto da imprimere nella memoria. Ero una macchia sfumata che appare e scompare. Quando appare non lo fa per davvero, quando scompare è perché non ha alternative.
In fondo alla discesa fu tutto più chiaro. Che stupido che ero.

«Oggi sì che ho indovinato bene. Cancella pure quello che puoi gomma.»
Tornai a valle con due consapevolezze in più.

Tony Giger

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