Un
giorno da crinale...
Cominciamo da martedì sera...arrivo a Fanano, 1.5 Km fuori dal paese, a
casa dei miei. Buio, silenzio e una miriade di stelle! Una serata calda ma
ventilata e secca. Vado a letto presto, non senza affacciarmi 10 minuti
per annusare i profumi del bosco e ascoltare i misteriosi fruscii, i
lontani versi degli uccelli notturni... Non sono solo: qui appena il sole
tramonta il bosco si anima di passi, versi, calpestii misteriosi...mentre
fa da sfondo il lieve stormire delle fronde. Incantevole...
Apro la cartina dei sentieri e immagino il rilievo che prende forma, le
valli scavate e il crinale, quindi mi faccio un programma di massima: Lago
Pratignano, Lago Scaffaiolo, Cima Tauffi... E già mi emoziono!
Io, infatti, ma penso tutti, queste esperienze le vivo almeno in 4 atti:
1) L'idea e il progetto: cartina, itinerario, tabelle, tempi...
2) L'azione: il giro vero e proprio
3) Il racconto: ora che scrivo per esempio...
4) La rilettura: ora che leggo, per esempio...
Il punto 4 si ripete a piacere.
Mi addormento presto.
Al mattino (eh, lo so che vi deludo...) mi sveglio alle 8.30. Sì, perché
ho tutto il giorno e posso prendermela con calma: ho bisogno anche di
dormire, e i 30°C della casa di Modena non sono il massimo per questo...
Parto e vado in paese a comprare i panini. La commessa: "E' molto
grosso questo panino, ne vuole mezzo soltanto?" "Nooo facciamo
due!" In più un panino l'avevo già. Quasi 1 Kg tra pane e
affettato, borraccia della bici, bottiglietta da mezzo litro e borraccia
termica...si perché bere un bicchiere d'acqua fresca vale la fatica di
portarla su! In più altre cose, come marsupio, coltellino, bussola...
Uno stop dall'amico meccanico per una ritoccatina ai freni ("Qui
sarebbe tutto da rifare... sono consumati, storti...").
Viaaaaa! In discesa fino ai 528 m dei 2 Ponti, poi il discorso
cambia...
Prima regola: mai pensare all'arrivo, ma spezzare il percorso in tappe.
Prima tappa, Lago Pratignano: 1307m
Seconda regola: spezzare la tappa in tappette.
Prima tappetta: Serrazzone, 630m.
La strada che porta al primo lago è asfaltata ma stretta e poco
frequentata, quindi sterrata. Sale sempre (al 6-7%), non molla un attimo,
ma è piacevole, e si snoda tra castagneti, praterie, abetaie e, infine,
faggete. C'è un tratto che sarà al 13-15%, ma il rapportino mi aiuta;
contengo l'istinto di pedalare con grinta: oggi devo centellinare le
energie... Al termine dello strappetto c'è la fonte. Mi disseto in
maniera esagerata, ma è sempre una festa raggiungere una fonte,
specialmente in questo periodo caldo e secco.
La montagna, generosamente ma senza sprecare nulla, ci regala acqua fredda
e pulita, sempre. Chissà ancora per quanto uscirà dell'acqua se continua
questa siccità...
In sella, ora c'è lo sterrato, più difficile ma più rilassante,
forse perché smetto di pensare a velocità e tempi e mi immergo nella
natura. Man mano che salgo davanti a me si disegnano le cime più alte, e
mi vien male (ma mi affascina al tempo stesso) pensare che oggi toccherò
tante di loro, anche quelle là in fondo, immerse nella foschia! 1000m.
Vedo gli orrendi ripetitori visibili anche da casa dei miei. Io sono lassù,
penso, ricordandomi il paesaggio visto da casa dei miei. Meglio non
pensare alla strada ancora da fare però! Ma con calma, e senza obblighi,
tutto assume una dimensione diversa.
Ad una curva il paesaggio è meraviglioso: si raggiunge infatti una cresta
e si vede sia il crinale che il fondovalle, con poche macchine minuscole
che sembrano procedere pianissimo. Il vento sul viso e il silenzio
completano quel quadro stupendo. Pedalo nel falsopiano finale (della prima
"tappa"...), grondante di sudore... Passa una macchina. Effetto
cotoletta: polvere sul sudore!
Dal fondo emerge piano piano l'elegante sagoma del Corno Alle Scale: anche
se è dei "cugini" bolognesi ammetto che è il monte più...
alpestre di questo tratto appenninico. E in primo piano la conca del lago,
che sembra addormentato, ma pulsa di vita! Lo costeggio, il silenzio è
pesante. Mi fermo. I canneti, accarezzati dal vento, sembrano respirare...
il canneto sembra un unico essere vivente sdraiato sulla palude. Al mio
passare le rane si tuffano in acqua non appena scendo sotto la loro
distanza di sicurezza (alcuni metri). Ad accrescere il fascino di questa
enorme palude (più di mezzo km di lunghezza) c'è una pianta insettivora
(drosera rotundifolia), che però non sono riuscito a trovare.
Mi rilasso un po'. Le gambe stanno ancora bene. Fatti 800m di dislivello,
ne mancano ancora 500, ma con su e giù, per la seconda tappa.
Parto a mezzogiorno, dopo 15' di pausa. Sento un rumore, come di guaito
lontano: che sarà mai? Niente, è il freno posteriore che striscia sulla
ruota. Lo sposto. Pedalo su un piccolo altipiano: un immenso prato
circondato da faggete e creste. Spesso ci sono dei cavalli semibradi qua,
che sono l'immagine della libertà! Comunque anche in bici me la cavo, e
scorazzo felice. Un po' meno felice quando il sentiero s'impenna: ci sono
due monti da scavalcare, spesso a piedi. E non solo, a volte il sentiero
diventa stretto ed infossato, ed io litigo sempre con la bici perché
tutti e due vogliamo star sul sentiero. Vince sempre lei...
Sento un rumore lontano, come di un cuculo. E' il freno posteriore! Ma
bastaaa!
Lentamente ma inesorabilmente cresce la fatica, il sudore cola negli occhi
(la fascia è zuppa di sudore da tempo), mentre le mosche mi ronzano
attorno...
Andare avanti, ma perché? Per questo, dico raggiunta una cima che mi apre
il sipario del crinale: da Est la sagoma del Corno Alle Scale, la verde
valle del Dardagna con le sue cascate, il profilo triangolare dello
Spigolino (mmhhh ho un'idea...), e poi di fronte, Cima Tauffi (quant'è
lontana!), il Libro Aperto e il Cimone. Sotto le verdeggianti valli e
attorno il silenzio.
Pedalo, sempre più di frequente scendo di sella di fronte alle salite:
le gambe cominciano a protestare, e lo stomaco pure... Quasi le 13.
Pranzo.
Una vocina malefica mi dice: "Vava, hai fatto già abbastanza, giù
di qua in un attimo sei a Capanna Tassone, poi è tutta strada...".
La scaccio via come una mosca pedante.
Riparto, con una scelta da fare:
1) Raggiungere il Lago Scaffaiolo per una via tecnicamente facile,
faticosa, assolata e non troppo gloriosa, oppure...
2) Alzo lo sguardo e vedo lo Spigolino, la cresta nordest, stretta e
ripida, difficile anche da fare a piedi, ma più fresca e quasi
gloriosa...
La seconda...
Parto stanco ma entusiasta. Sento uno strano rumore, quasi fosse il verso
di un allocco, ma è... guarda un po', il freno posteriore! Come non
bastasse la salita...
Lo so che SEMBRA solo vicino lo Spigolino, ma l'altimetro è impietoso:
300m di dislivello! Spesso a piedi, bici a mano fino a metà cresta,
quindi...sforzo enorme e...bici in spalla e via! Passi barcollanti,
pesanti, gambe inchiodate... Ogni tanto la ruota anteriore toccava per
terra. Di qua e di là il ripido pendio. Passo i paletti di ferro: una
volta c'era un cavo d'acciaio al quale attaccarsi! (Una volta la feci
d'inverno, senza ramponi, col ghiaccio, ma quella è un'altra storia).
Ma perché questa immane fatica?
Ma per raccontarla a voiiiii!
Sulla cima un gruppo festoso e vociante (ma non uno, dico uno, che si
accorgesse del mio atto eroico!).
Avanzo con una lentezza esasperante, mi sembrava di portar su un
macigno... Guardavo la croce su e mi sembrava di percorrere un calvario.
Arrivato!!! Mi tremavano le gambe. Mi accascio per terra.
Spigolino, 1827m.
Di là è diverso: si scende in sella e si raggiunge il Lago Scaffaiolo
con morbidi saliscendi a volte esposti e pericolosetti.
Avevo solo un sorso d'acqua, quello che non si beve mai perchè non si sa
mai...
Se il rifugio è chiuso bevo il lago! Pensavo.
Il lago, in cima ad un crinale, conserva il fascino di sempre, solo
attenuato dai tanti turisti per fortuna giunti a piedi, unica via estiva.
Raggiungo il rifugio con un ultimo sforzo, faccio per aprire la porta e...sconforto:
è chiusa! Devo rientrare subito a casa, penso, poi mi viene in mente una
sorgente vicina, ma nel frattempo mi aprono.
"Raccontami tutto..." mi dice la signora...chissà che faccia
avrò, penso io!
Un po' di relax.
Riparto convinto di rientrare dalla Croce Arcana, tagliando un bel
saliscendi.
Arrivato alla Croce Arcana ci ripenso e, pur se stanco morto, decido di
giocare la partita fino in fondo! Tanto il tempo c'è, e se non ci son le
gambe...fa lo stesso!
4 colli da scalare, i primi 2 con poche decine di metri di dislivello (il
primo in sella), poi le "onde" s'ingrossano e alla fine si
scende da 1752 a 1631 per poi salire, tra gradini e roccette, a 1798 m!
Sento un rumore come di campane lontane...è il freno posteriore! Ancora
lo stacco dalla ruota.
Ancora una volta bici in spalla, con asciugamano a proteggere la spalla
dolorante, e su adagio, ma senza fermarsi. M'immaginavo dall'alto, un
puntino nel crinale, una specie di Don Chisciotte contro i Mulini a
Vento...ma intanto, piano piano, ho aggirato tutta la valle di Ospitale
facendone il perimetro sullo spartiacque. E i monti laggiù sono quelli
del Lago Pratignano! Arrivo in cima esausto ed affamato, ma decido di non
fermarmi per cenare alla sorgente. Solo qualche mirtillo per dissetarmi o
per riposarmi dopo esser balzato di sella per non cadere! Le gambe sono
molli e dure al tempo stesso (boh...però è così: rigide ma deboli, come
tronchi cavi) ma devo anche stare attento perché non sono più lucido,
causa la stanchezza, e cadere è un attimo.
Specialmente dopo Cima Tauffi: ripida discesa tra arenarie esfogliate dal
gelo: piastrelle mobili su un pavimento molto acclive. E' segnato come
sentiero difficoltoso (guai a chi lo dice alla Stefi!). Poi il Passo della
Morte (affascinante...una lama di coltello tra due rupi) e il saliscendi
del crinale alla testata della valle del Fellicarolo.
Sento un rumore, come di un camion che frena in lontananza...era...il
freno posteriore!! (Questa era facile però!).
Scendo alla fonte, sotto al Libro Aperto, una delle contropendenze da me
preferite, soprattutto per l'acqua. L'acqua temevo non ci fosse, ma poi
trovo il rivolo e grido di gioia! E ringrazio Dio per Sorella Acqua!
Cosa c'è di più bello che bere alla fonte acqua fredda? 6.8°C, misurati
con l'orologio-termometro. Mi zacco per terra e mando un SMS ad Andrea:
anche lui, con Mtrex, vedo che non se la passa poi così male...
Mirtilli, acqua e panini...ma chi si muove più di qua? Alle 18.30
riparto. Sento un rumore, come delle voci lontane...bravi! I freni! Poi
sento un fischio acuto: no, non i freni, le simpatiche marmotte! Un
cucciolo scappa, poi si ferma incuriosito e mi guarda prima di nascondersi
in un'altra uscita della tana. Per terra trovo delle feci, molto
probabilmente di lupo...eccoti! E' bello anche solo avvertirne la presenza
dei lupi, rende più affascinanti questi posti.
Salgo ancora, ormai non ne posso più, e faccio fatica anche a trascinare
la bici, coi pedali che sbattono sul sentiero infossato o sui sassi
sporgenti, le gambe che si graffiano con cardi e carline...
Guardo su, alcuni falchi si librano in volo fermi controvento e penso:
loro sono molto più liberi di me!
Volevo restare in quota a 1600m, quota dove si trovano molte
contropendenze di origine glaciale, ma un tratto inaccessibile mi convince
a rientrare per il sentiero, così mi butto in una discesa appassionante
(faccio anche più dei 35 in sentiero o sull'erba), fino a raggiungere
l'altipiano dei Taburri, quindi qualche Km di sterrato (che male alle
braccia!) e poi morbido asfalto fino alla rampetta di casa: 15%, tutta in
piedi, tanto è l'ultima!
Quasi 50 Km tra asfalto (poco più di 15), sentieri, roccette, pedalando,
con la bici a mano o con la bici in spalla.
Che fatica!
Però che meraviglia!
Lassù tra quelle, seppur modeste, cime, con quel silenzio e tutto quel
cielo sopra, mi sembrava quasi di sentire la voce di Dio.
E comunque la voce di Dio era il fruscio del vento, era il gorgogliare
dell'acqua, era il rumore di un sasso che rotolava dalla roccia, era in
tutto il creato.