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Giulio Bottone racconta il suo primo 8000: Shisha Pangma
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Giulio Bottone racconta il suo primo 8000: Shisha Pangma

E' con grande onore e piacere che riceviamo e pubblichiamo il racconto che Giulio Bottone ci ha inviato per condividere con noi, e con chiunque troverà in questo articolo materia per alimentare la propria passione, una delle esperienze più belle ed intense che un alpinista può sperare di raggiungere: la conquista di un 8000.
bottone_shishapangma01.jpg (76977 byte)Come forse sapete, grazie ad un appunto già comparso online dell'amico Cristian Artioli, sono tornato dal Tibet dove ho salito lo Shisha Pangma in stile alpino e senza l'uso di portatori. E' dura oggi, tra le nebbie padane, tornato alla routine di sempre, pensare ai bei momenti passati in quella terra aspra, ma i ricordi ci sono, eccome, e quindi è giusto farvi partecipi della mia esperienza.

Dunque, tutto cominciò quando decisi di salire un Ottomila ma non trovavo compagni qui in Emilia. Per fortuna l'amico Fausto Sassatelli, valente scialpinista e socio del CAI di Sassuolo, aveva trovato compagnia per salire questo ottomila interamente in territorio cinese, tre amici piemontesi che avevano il permesso e che erano disposti a farci entrare con loro in Cina. Così sono partito il 5 settembre per lo Shisha Pangma, uno dei 14 Ottomila della Terra, la cui vetta è alta 8.046 metri sul livello del mare. Dopo un lento acclimatamento verso il campo base, un minitrekking di due giorni con gli yaks ed una salita al campo 1 a 6.350 metri per montare le prime tende, già il 26 settembre la nostra condizione è talmente buona che decidiamo di tentare la vetta. Così, dopo aver montato al volo il campo 2 a 6.890 metri, senza dormirci, ed andando direttamente a montare ed usare il campo 3 a 7.400, il 30 settembre scorso, in stile alpino, cioè senza l'ausilio di portatori d'alta quota o di ossigeno, quindi in completa autonomia, sono riuscito a salire lo Shisha Pangma, in 6 ore circa di scalata dal campo 3 e solo 12 giorni dopo essere arrivato al campo base. 

Il racconto 

Il 28 settembre Fausto Sassatelli, Alessandro Nordio (un amico piemontese) ed io, siamo partiti dal campo base e abbiamo raggiunto il campo 1 dove abbiamo dormito la prima sera; il 29 siamo saliti al campo 2 e lo abbiamo rifornito di viveri e gas. Qui Fausto ha accusato qualche disturbo ed ha preferito scendere al campo base, rinunciando a questo tentativo. Noi invece siamo ripartiti per l'alto, e a 7.400 su un colle di dimensioni ridotte abbiamo attrezzato il campo 3 con una tendina d'alta quota Vaude gentilmente offertaci dallo sponsor Reggio Gas; il giorno dopo, il 30, il tempo era stabile e solo parzialmente nuvoloso, per cui Alessandro ed io, ci siamo svegliati presto e la montagna era tutta e solo nostra. Dal campo 3 alla vetta non c'erano altri alpinisti. Il tempo era inizialmente bello ma si è un po' rannuvolato quando ci siamo avvicinati alla vetta. Abbiamo camminato senza pause fino alla cima, con un ritmo lento ma costante.
La salita è durata circa 6.00 ore. Era così bello avere la montagna tutta per noi che non mi sono accorto della quota fin quando non siamo arrivati in vetta. Confesso di non aver quasi mai guardato l'altimetro, concentrato solo nel mettere un passo dopo l'altro. La vetta centrale, quella da noi raggiunta, è una cresta affilatissima e strettissima, ci si sta a malapena uno alla volta. Quando è comparsa davanti a noi e la pendenza è calata, ci siamo quindi dovuti alternare per scattare le foto. In vetta ci siamo fermati poco, giusto il tempo di ammirare il panorama, scattare le foto e far sventolare il Tricolore. La bandiera portava sopra le firme di tutti gli amici e di tutte le persone che ci hanno accompagnato con il loro affetto e sostegno nella nostra avventura. Non è per fare pubblicità, ma davvero durante la salita ci siamo sfamati - ed è stato fondamentale, insieme con lo speck - con il Parmigiano Reggiano, gentilmente offertoci dalla latteria "Villa Curta" di Gavassa (RE), che da anni mi fornisce di questo prodotto altamente nutritivo, ma che soprattutto nei momenti più duri ci faceva sentire il sapore e calore di casa.
Il rientro ha richiesto due giorni, perché abbiamo preferito dormire di nuovo al campo 3 e poi, scendendo, abbiamo smontato le nostre tende e portato via la roba che non sarebbe servita più. Mi sono poi fermato una notte al campo 1 e poi il 2, con un bel po' di roba nello zaino, ho percorso per l'ultima volta il ghiacciaio in discesa per tornare al campo base. Dopo qualche giorno sono anche saliti gli altri amici piemontesi, poi, arrivati gli yaks, abbiamo smontato le nostre tende e siamo tornati alla civiltà. Il 15 ottobre, infine, l'aereo ci ha riportato in Italia.
E' stata un'esperienza eccezionale, impegnativa ma mai estrema, date le fortunate condizioni in cui ci siamo trovati. La logistica, il cibo, il meteo nei giorni scelti per la salita, il mio stato fisico, tutto è andato a meraviglia ed ha contributo al successo della spedizione. Sarà stata la puja (cerimonia) del lama tibetano cui ero stato sottoposto dallo sherpa a Katmandu? Chissà, fatto sta che ho salito il mio primo Ottomila e sono stato bene, godendo appieno dell'esperienza e tornando a casa, oltre che tutto intero, molto soddisfatto. E' vero che mi ero preparato come non mai, e che lassù forza e determinazione non sono mai mancate, ma qualche volta anche la fortuna fa muovere la bilancia dal verso giusto.

In foto:
la foto di vetta, dove si vede il Tricolore, doverosamente portato là (visto che nacque a Reggio Emilia nel lontano 1797!) con le firme degli amici, alpinisti e non, che facevano il tifo per me in Italia.

Giulio Bottone

LE FOTO

Tutte le foto sono di Giulio Bottone

lamontagna.jpg (126733 byte)
La montagna
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Yaks in marcia
campobase.jpg (169113 byte)
Il campo base
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Il campo 1
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La salita verso la vetta
fotodivetta.jpg (69244 byte)
Foto di vetta

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