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Cusna in notturna 2000
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Prima ascesa in notturna del Cus
na - 10 Agosto 2000 -
Cronaca di Andrea

C'è chi la notte di San Lorenzo si sdraia da qualche parte, a pancia in su, al mare, in collina o in montagna e in tutta tranquillità (meglio se in compagnia di persona di sesso opposto...) si gode lo spettacolo delle stelle cadenti (e anche qualcos'altro in caso di compagnia...).
Ci sono poi i poco normali, quelli che per vedere meglio le stelle pensano bene di avvicinarsi ad esse magari salendo sopra i duemila metri a piedi e di notte. Sono gli stessi che se vedono il cielo sereno, la luna risplendere e lo scuro contorno ben definito del crinale proiettare la propria ombra invitante su di loro si sentono prudere le gambe. Non possono stare fermi. Non possono limitarsi a rimanere passivi col naso in su. Non possono concepire che in una notte perfetta come quella esista ancora della terra sopra i loro piedi a dividerli dal cielo...dalle stelle.
Fu così che in tre decisero di partire.
In basso, in paese, alla sagra con il calcinculo gli amici forse non capivano del tutto. Oppure qualcuno capiva, in fondo invidiava la loro scelta e sapeva benissimo quanto bastasse un attimo sulla cima per rendere il paese, la sagra, il calcinculo e tutto il resto cose lontanissime e prive di quel valore che sembravano avere solo 1200 metri più sotto.
Fatto sta che rimasero in tre.
Ci vollero solo pochi minuti per preparare gli zaini, vestirsi e ritrovarsi sul sedile posteriore del fuoristrada di Tiziano (il Tizio) accompagnati da Sergio. Era il momento di controllare l'attrezzatura e di discutere per l'ultima volta l'itinerario da seguire. Davide aveva, sotto forma di un neon di 40 cm a luce diffusa, il sole in tasca. Luca viaggiava leggero. Andrea aveva una pila frontale, una torcia a mano, una lampada a gas mai utilizzata, fiammiferi, coltellino, bussola e persino il Gatorade e due merendine. Dopo tutto era il suo compleanno.
La strada asfaltata finì a Monteorsaro, poi si fece di ghiaia salendo e sballottando i passeggeri tra curve, buche e tornanti fino alla sbarra prima del passo Cisa. Di lì bisognava proseguire a piedi. Accesero raramente le torce e i loro passi erano scanditi da un fitto reticolato di luce e ombre, che gli alberi a lato della strada, illuminati dalla Luna, proiettavano a terra su quel nastro bianco che rappresentava l'unica certezza in mezzo a tutto il resto confuso e sgranato dall'oscurità. Non si muoveva una foglia e il cielo era di un limpido immobile che avrebbe rassicurato chiunque. Non potevano chiedere di più.
Il bosco lasciò lo spazio a gradi prati e terminata la strada giunse l'ora di imboccare il sentiero 23. Diventarono essenziali i segni bianco-rossi sui sassi e le torce. Di giorno, con la luce del vero sole, non penseresti mai a quanto possa essere tutt'altro che immediato trovare un sentiero all'aperto e di notte, anche che questo rimanga sulla dolce ed ampia sommità di un crinale nel quale l'unico percorso sembra obbligato.
Il fiatone divenne compagno di salita e la luna bassa, esattamente di fronte a loro non ancora nascosta dietro ai monti, rendeva il paesaggio verso il quale procedevano un ammasso scuro e uniforme. Stavano salendo a naso verso un monte del quale potevano riconoscere solo il netto contorno buio contrapposto al chiarore del cielo. Persero qualche volta il sentiero, era previsto e del tutto normale, ma alla fine i 2000 metri erano raggiunti.
Ora il loro sguardo poteva perdersi indefinitivamente lungo 3 direzioni. A Sud verso la Toscana e il mare, a Ovest dove il crinale abbassandosi svaniva nell'oscurità e a Nord lungo la strada appena percorsa e molto più sotto verso le luci del paese, della sagra, del calcinculo...
Rimaneva l'Est dove la vista si scontrava con gli ultimi centoventuno metri di terra che li separava dal loro piccolo personale tetto del mondo. La loro via era adesso il sentiero 25 che saliva diritto e ripido verso una cima che non potevano vedere. Salire sul Cusna da quella parte è come salire sulla sommità di un enorme dente canino dal lato meno ripido e dalla curvatura costante.
La cima apparve quasi di colpo, inaspettata e segnalata dai contorni scuri della grande croce a tralicci di ferro. Il clima era surreale. A 2121 metri sul Cusna sembra davvero di essere sul tetto del proprio mondo, persino più in alto della luna ormai bassa all'orizzonte, persino più in alto della foschia. Regnava l'immobilità e la calma più assoluta, nessun lieve soffio di vento, nessun rumore e poi il caldo, tanto che giacche a vento, maglioni e pile divennero superflui. A muoversi ci pensarono solamente le stelle cadenti mai così vicine e luminose. Non rimaneva che fissare per sempre quel momento con un respiro tanto profondo da fermare l'aria nei polmoni, come se un respiro lì in alto bastasse a sostituire o a dare un senso ai milioni di prossimi respiri.
Finì il Gatorade e le due merendine...giunse l'ora di scendere. E quando tre poco normali come loro devono affrontare la discesa dal Crinale che via sceglieranno mai se non le piste da sci? Poco importa se faticarono a ritrovare il sentiero giusto e se si distrussero piedi e ginocchia correndo per 45 minuti a zig-zag sui pietroni e tra l'erba alta dei muri della 2000,  Pianelli e Rescadore. Quella notte avevano vissuto qualcosa di speciale, ne erano consapevoli ed erano contenti. Adesso non potevano chiedere di più se non un buon letto ed una buona dormita...

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